Al confronto con "Vado al massimo" (1982), il passo immediatamente successivo nella carriera di Vasco Rossi, "Siamo solo noi" sembra un cartone preparatorio. I 9 brani del disco sono tutti successi di pregevole fattura. Cominciamo con "Amore", che, nonostante il titolo, è quanto di più demenziale e strampalato si possa immaginare; il testo, pazzoide e scheletrico, si scontra con un impianto sonoro azzeccato e piacevole. Nella nostalgica "Canzone" troviamo passi melodici commoventi dopo un'introduzione scritta con classica maestria: è anche un brano piuttosto complesso, perché sebbene ogni nota sgorga spontanea dalla precedente, i temi non sono affatto elementari. "Splendida giornata" è apprezzabile, ma è largamente superata dal canto esteso e beffardo del pezzo che segue, "La noia", dal fraseggio raffinato e assai adatto al tono del testo. A un filone più strambo appartiene "Sono ancora in coma", dove la melodia viene ripresa all'improvviso e molto modificata verso la fine dopo il consueto assolo interminabile. Il testo è ripetuto alla fine quasi per intero.
Nella breve e sorprendente "Cosa ti fai", il preambolo non riappare più in seguito, ma è abbastanza lungo da occupare una sezione data la sua struttura irregolare. Lineare invece fino all'estremo "Ogni volta", che affida a due melodie il compito di ristabilire la calma: la prima è un inciso variato di volta in volta che sarei tentato di chiamare progressione melodica; la seconda è un canto senza parole che ricorda quelli contenuti in Una canzone per te, Vivere, Laura eccetera.
E siamo finalmente al pezzo che dà il titolo al disco. "Vado al massimo" ha una storia travagliata, come ci riferisce un articolo dell'agosto '89 di Tutto compact: "Nel 1982 Vasco partecipò al suo primo festival di Sanremo con "Vado al massimo": si classificò ultimo sotto l'indifferenza della rassegna sanremese, ma le radio mandarono in onda il brano incessantemente". Non è indispensabile indagare sulle ragioni per cui una composizione così attraente e simpatica ha avuto una sorte controversa. Merita invece interesse la sua realizzazione strumentale, dolcemente esotica, che rappresenta una rarità nel repertorio del nostro cantante.
Il disco termina con "Credi davvero", esaltazione di un rock duro, esasperato e melodico. Stavolta l'assolo della chitarra elettrica raggiunge dimensioni allucinanti, tanto da credere che Vasco abbia espressamente fatto un omaggio al solista con questa canzone.
Nella breve e sorprendente "Cosa ti fai", il preambolo non riappare più in seguito, ma è abbastanza lungo da occupare una sezione data la sua struttura irregolare. Lineare invece fino all'estremo "Ogni volta", che affida a due melodie il compito di ristabilire la calma: la prima è un inciso variato di volta in volta che sarei tentato di chiamare progressione melodica; la seconda è un canto senza parole che ricorda quelli contenuti in Una canzone per te, Vivere, Laura eccetera.
E siamo finalmente al pezzo che dà il titolo al disco. "Vado al massimo" ha una storia travagliata, come ci riferisce un articolo dell'agosto '89 di Tutto compact: "Nel 1982 Vasco partecipò al suo primo festival di Sanremo con "Vado al massimo": si classificò ultimo sotto l'indifferenza della rassegna sanremese, ma le radio mandarono in onda il brano incessantemente". Non è indispensabile indagare sulle ragioni per cui una composizione così attraente e simpatica ha avuto una sorte controversa. Merita invece interesse la sua realizzazione strumentale, dolcemente esotica, che rappresenta una rarità nel repertorio del nostro cantante.
Il disco termina con "Credi davvero", esaltazione di un rock duro, esasperato e melodico. Stavolta l'assolo della chitarra elettrica raggiunge dimensioni allucinanti, tanto da credere che Vasco abbia espressamente fatto un omaggio al solista con questa canzone.