“Chariots of fire” è un tema strumentale scritto dal compositore e polistrumentista greco Vangelis per la colonna sonora del film omonimo del 1981.
Il successo di questo brano supererà qualsiasi aspettativa: sarà eseguito da numerosi artisti, verrà utilizzato per vari programmi televisivi, soprattutto eventi sportivi, e vincerà persino un premio Oscar quale tema principale della colonna sonora dell’omonimo film, scritta sempre da Vangelis.
La canzone fu accusata di aver plagiato un altro brano composto dal collega compositore greco Stavros Logaridis chiamato “City of violets”, utilizzato nel 1975 per una serie televisiva relativa alla Grecia antica.
A pronunciarsi nel 1987 fu il tribunale di Londra. Vangelis cercò di convincere il giudice che non aveva avuto l’opportunità di ascoltare il pezzo di Logaridis prima di comporre “Chariots of fire” dimostrando, con soddisfazione del giudice, che la sequenza musicale chiave, l’unica in cui il giudice ha notato una chiara somiglianza tra le due composizioni, era già comune nella musica.
Dopo solo due settimane il giudice assolse Vangelis, sentenziando che “esistono delle somiglianze, ma sono lievi e si tratta probabilmente di una coincidenza”.
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Chariot of fire (1981) vs The city of violets (1975) - Vangelis vs Stavros Logaridis
Nel 1975 Ronald H. Selle, un insegnante di musica, scrisse una canzone intitolata “Let it end” per la quale gli fu concesso il copyright il 17 novembre dello stesso anno dall’Ufficio del copyright degli Stati Uniti. La canzone fu spedita a quattordici editori musicali, nessuno rispose e 3 di loro restituirono il materiale.
Nel maggio del 1978 Selle riconobbe la sua melodia in una canzone, “How deep is your love”, glorioso tema del film “La febbre del sabato sera”.
E da qui iniziò una causa presso il tribunale distrettuale dell’Illinois negli Stati Uniti contro Barry, Robin e Maurice Gibb (i Bee Gees), il distributore della loro etichetta discografica Polygram e la Paramount Pictures di appropriazione indebita e violazione del copyright.
Il tutto si concluse nel 1983. I periti dell’accusa dimostrarono che la somiglianza fra i due brani risultava in 8 misure per una sequenza di 35 note ma i giudici accolsero la tesi della difesa dei Bee Gees, improntata sostanzialmente sull’assenza della prova che i fratelli Gibb avessero effettivamente ascoltato il brano di Selle prima di scrivere la loro canzone.
E così i Bee Gees furono assolti.
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How deep is your love (1977) vs Let it end (1975) - Bee Gees vs Ronald Selle
La sigla del TG1, il notiziario televisivo a cura della redazione giornalistica della RAI, è stato composto nel 1952 da Egidio Storaci, direttore d’orchestra e compositore italiano. Ma non tutti sanno che la musica di del più popolare dei telegiornali è un’astuta rivisitazione nata sulle note di una canzone messicana.
Lo storico motivetto musicale, andato in onda per la prima volta il 9 settembre del 1952 sulla rete ammiraglia (per la quale l’editore addetto alle musiche era un certo Alberto Curci), nel corso degli anni è rimasto pressoché invariato, seppur soggetto a riarrangiamenti e abbreviazioni.
Per confezionare la sigla dell’allora debuttante notiziario televisivo, Storaci elaborò le prime note di “Cuando vuelva a tu lado”, canzone scritta nel 1934 dalla compositrice messicana Maria Grever.
Come riporta il libro dell’amico Michele Bovi “Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles”, la somiglianza fra i due “ganci” iniziali si fece temibile quando il brano della Grever fu inciso nel 1959 in inglese da Dinah Washington con il titolo “What a difference a day makes”.
Ma l’abilità dell’editore italiano (che nell’archivio Siae, oggi, risulta come autore del testo e subeditore sia di “Cuando vuelva a tu lado” che di “What a difference a day makes”) riuscì a schivare sconvenienti allusioni al plagio.
Curiose note finali
In archivio Siae il titolo “TG1” si trova come “Sigla Telegiornale” con il solo credito attribuito al compositore Egidio Storaci;
Il repertorio musicale di Maria Grever era gestito in Italia dall’editore Curci.
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Sigla TG1 (1952) vs Cuando vuelva a tu lado (1934) - Egidio Storaci vs Maria Grever
Nel 2017 Ed Sheeran fu accusato di plagio: il suo enorme successo titolato “Thinking out loud“ sarebbe stato copiato dal brano “Let’s get it on” di Marvin Gaye. Le accuse furono lanciate, all’epoca dei fatti, direttamente dagli eredi di Ed Townsend, il paroliere che scrisse il testo del brano uscito nel 1973.
Il cantante britannico, inoltre, fu accusato anche di aver continuato a esibirsi con “Thinking out loud“ nonostante fosse stato informato della presunta violazione del copyright.
E da qui iniziò la battaglia che durò diversi anni (con la richiesta di risarcimento di 100 milioni di dollari), fino a quando un giudice federale americano, a seguito della respinta della richiesta da parte dei legali del cantante di archiviare il caso, invitò Sheeran a comparire in aula nel 2023.
Gli avvocati di Ed Sheeran, da sempre, respinsero tutte le accuse pur ammettendo che “entrambi le canzoni hanno punti strutturali comuni, i frammenti ritenuti rubati non sono tali da garantire una richiesta di violazione del copyright”.
Da evidenziare la singolare scelta di Ed Sheeran di portare in tribunale la chitarra per suonare dal vivo gli accordi della sua canzone. “Traggo ispirazione da molte cose della mia vita e della mia famiglia”, disse Sheeran raccontando alla Corte federale che la canzone è stata ispirata dall’amore tra i suoi nonni e negando di essere stato influenzato dal noto brano di Gaye.
“La maggior parte delle canzoni pop può adattarsi alla maggior parte delle canzoni pop” aggiunse “se avessi fatto quello che mi state accusando di fare, sarei un vero idiota a salire su un palco di fronte a 20mila persone”.
La giuria newyorchese, dopo ciò, emise il verdetto: “ Thinking out loud “di Ed Sheeran non è copiata da “Let’s get it on” di Marvin Gaye.
La decisione fece seguito ad un lungo scambio di prove in cui entrambe le parti discussero sulla somiglianza di un’altra canzone con “Thinking out loud”, “Georgy girl”, un brano del 1967 del gruppo The Seekers che fu portato come ulteriore prova da un esperto musicologo per dimostrare che entrambe le canzoni utilizzano una progressione di accordi comune.
Ed è notizia del 2 novembre 2024 che Ed Sheeran vince anche in secondo grado a circa un anno di distanza dove lo stesso Sheeran era stato dichiarato non responsabile per aver copiato la canzone di Gaye.
La Corte d’appello degli Stati Uniti per il secondo grado, infatti, ha stabilito che il brano di Sheeran non viola il copyright del brano di Marvin Gaye, citando che le canzoni condividono solo i “fondamentali elementi musicali”, secondo quanto scrive Billboard, e affermando che la causa mirava a “ottenere il monopolio su una combinazione di due fondamentali elementi musicali” e che “né la melodia né il testo” avevano “alcuna somiglianza” con il brano di Gaye.
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Thinking out loud (2014) vs Let's get it on (1973) - Ed Sheeran vs Marvin Gaye
Nel 1988 una nuova canzone di Phil Collins cominciò a girare per le radio italiane, inserita anche nella colonna sonora del film “Buster” che vedeva Collins nel ruolo del protagonista. In molti iniziarono a gridare allo scandalo: il brano era spudoratamente somigliante alla canzone “Agnese” di Ivan Graziani, incisa 9 anni prima e depositata in Siae a nome del cantautore abruzzese.
Pertanto Phil Collins aveva plagiato Ivan Graziani. Ma le cose non stanno così!
“A groovy kind of love” di Collins è una cover di un vecchio successo scritto nel 1965 da Tony Wine e Carole Bayer Sager per il duo Diane & Annita, ed incisa nello stesso anno anche dai Mindbender. Tra l’altro, nel 1967 fu realizzata anche una cover italiana di “A groovy kind of love” dai Camaleonti che la intitolarono “Non c’è più nessuno”.
Ma la cosa più importante è che la melodia del brano di Ivan Graziani, così come quello del brano degli A.b.a. 7 e di Sabrina Paris del 2000, dei Mindbenders, di Phil Collins e di Diane & Annita, è stata dichiaratamente tratta dalla Rondò in Sol Maggiore, Sonatina no. 5, op. 36 di Muzio Clementi (1751-1832).
I diritti d’autore sul brano di Clementi, si dice, erano già scaduti al tempo di “A groovy kind of love”, quindi nessun plagio ma solo un uso proprio di un brano di pubblico dominio.
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Like a butterfly (2000) vs Look at us (2000) vs Agnese (1979) vs A groovy kind of love (1965) vs Sonatina, Opera 36 Numero 5 (ottocento) - A.B.A. 7 vs Sabrina Paris vs Ivan Graziani vs Diane & Annita vs Muzio Clementi
La canzone “Jesahel” eseguita al Festival di Sanremo del 1972 dal gruppo Delirium, di cui Ivano Fossati era voce solista e flautista, è diventata negli anni una perla della musica italiana e negli ultimi tempi è stata oggetto di una clamorosa vertenza internazionale.
Ad essere coinvolta non è la “Jesahel” eseguita dai Delirium bensì la versione in lingua inglese eseguita dalla cantante britannica Shirley Bassey, brano per il quale vennero regolarmente riconosciuti i credits agli autori Ivano Fossati e Oscar Prudente.
Come denuncia il presidente delle edizioni Universal Ricordi Buja, nel settembre 2022 in uno spot pubblicitario di Fastweb viene inserita una musica “acquistata” dal gruppo hip hop statunitense Public Enemy, inserita nel brano “Harder than you think”. Il fatto è che quella musica non è dei Public Enemy.
Contestati agli editori statunitensi il campionamento non autorizzato, questi prima hanno negato, poi hanno dichiarato che si tratta del riutilizzo di un arrangiamento. Ma è falso: trattasi del campionamento esatto della sequenza di corni, trombe, tromboni e tube contenute nella versione britannica di “Jesahel”. E ora il nostro editore italiano pretende la quota di copyright per gli autori.
I Public Enemy non hanno mai dichiarato la fonte del campionamento e quindi non hanno mai compensato i due autori italiani. Staremo a vedere eventuali sviluppi, anche se i precedenti insegnano che con la controparte straniera, unita alla poca sensibilità dei giudici statunitensi in materia di copyright italiano, molto spesso i nostri editori vengono scoraggiati.
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Harder than you think (2007) vs Jezahel (1972) - Public Enemy vs Shirley Bassey
Premessa: questo è un plagio per il quale non ci furono denunce e processi.
Nel 1976 il magnifico film “Rocky”, vincitore di 3 premi Oscar e interpretato da Sylvester Stallone, che grazie a questa pellicola divenne uno dei volti più amati di Hollywood, fu caratterizzato dall’influente colonna sonora del compositore, direttore d’orchestra e arrangiatore statunitense Bill Conti.
Un brano della suddetta colonna, “Going the distance”, o meglio, il secondo tema musicale più importante del film (e dei seguenti sequel) dopo “Gonna Fly Now”, quest’ultima candidata anche al premio Oscar come migliore canzone, risultò subito in debito nei confronti di un brano dal titolo “E così per non morire”, composto da una cantautrice italiana, Elide Suligoj, che, con le parole di Luciano Beretta, venne inciso e cantato da Ornella Vanoni nel 1973.
Come riporta l’autore e giornalista Michele Bovi, l’editore di “E così per non morire”, prese contatto con Irwin Winkler, coproduttore di “Rocky”, ma non ci furono né processi e né denunce, con la conseguenza che Bill Conti conservò il riconoscimento della paternità della colonna sonora.
Ma in tutti i film successivi della saga di “Rocky”, compresi i tre intitolati “Creed”, nei crediti musicali compare anche la canzone di Elide Suligoj.
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Going the distance (Rocky) (1976) vs E così per non morire (1973) - Bill Conti vs Ornella Vanoni
“Nessuno mi può giudicare” è un brano di Caterina Caselli che partecipò al Festival di Sanremo del 1966 classificandosi in seconda posizione.
Nell’importante frase musicale contenuta nell’inciso della canzone, si individua con facilità una somiglianza (diciamo che è uguale) con la melodia presente nella canzone napoletana “Fenesta ca lucive”, pubblicata nel 1842 (e quindi di pubblico dominio) dalle edizioni “Girard” come opera di Guglielmo Cottrau, noto editore di melodie napoletane, di Vincenzo Bellini per la musica e di Giulio Genoino.
Più in là con gli anni l’autore Lorenzo Pilat, in arte Pilade, in una trasmissione televisiva, ammise la vera identità delle prime battute del pezzo della Caselli, sia pure con un ritmo accelerato ed abbreviato, e che tuttavia possiede una sua ritmica originale e differente con la suddetta canzone napoletana.
A ben pensarci, se tralasciamo i ritmi diversi e alcune note ribattute della melodia, la canzone sopravvive ancora a se stessa controbattendo le accuse di plagio.
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Nessuno mi può giudicare (1966) vs Fenesta ca lucive (1842) - Caterina Caselli vs Guglielmo Cottrau e Vincenzo Bellini
Il 25 maggio 2022 il cantante Ultimo usci con il suo nuovo singolo dal titolo “Vieni nel mio cuore”, poco prima di iniziare il suo grande tour negli stadi. L’inciso del brano, nonostante possa esserci una pseudo-aderenza con il brano del 2014 “Hold Back the River” del cantautore britannico James Bay, assolutamente trascurabile, è risultato essere potente e gradito alle orecchie. Ma soprattutto, è piaciuto a tutti.
Un ns utente ci ha segnalato che, poche settimane fa, è uscita una canzone del cantante sudcoreano Lim Young-woong dal titolo “Do or die”, con un inciso copiato pari-pari (diciamo che è un plagio bello e buono) dal ritornello di “Vieni nel mio cuore”.
Ascoltando le prime battute del ritornello del brano “Do or die”, infatti, non abbiamo trovato grandi differenze con il ritornello di “Vieni nel mio cuore”: stessa “internazionalità” dei suoni, armonizzazioni praticamente identiche e melodia del coro “portante” che poggia su medesimi accordi.
Cos’altro dire… aspettiamo un eventuale intervento di Ultimo per dire la sua sull’argomento.
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Do or die (2023) vs Vieni nel mio cuore (2022) - Lim Young Woong vs Ultimo
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